Chi ha il privilegio (perché di quello si tratta) di avere un cane, sa che con il proprio animale si instaura, semplicemente, il rapporto perfetto: «Uno sguardo e ci siamo capiti». E quando alla fine se ne va, ciò che si piange non è un cane, ma è l’amico del cuore. Per cui, siamo onesti. A qualsiasi padrone la tentazione viene: avere non un altro esemplare, ma esattamente quello che si è perso, con un futuro nuovo di zecca. Sfidare la tirannia del tempo, rimettere indietro le lancette biologiche. Meraviglioso.

E chi l’ha detto che non si può fare? Basta tirare fuori 60-80 mila euro, il prezzo di un’auto di lusso, e voilà. La scienza è in grado di restituire a padroni dolenti, ma soprattutto abbienti, la copia identica del loro animale. La parola magica è «clonazione». Fenomeno all’inizio di nicchia, qualche scienziato spregiudicato, qualche cliente accanito, oggi sempre più diffuso. Finora (dal primo cucciolo così ottenuto, un maestoso levriero afgano di nome Snuppy, nel 2005) sono stati clonati in tutto il mondo quasi mille fra cani e gatti.

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