Gli animali sono sensibili. E chi li fa soffrire commette reato. Magari perché li lascia in giardino quando invece potrebbe ospitarli in casa e ripararli dal freddo.  La Corte di Cassazione s’è riscoperta madre, riconoscendo per sentenza che anche i cani hanno un’anima. E per questo ha messo in castigo, confermando la condanna già inflittagli dalla Corte d’Appello, il proprietario di un pastore tedesco reo di aver ospitato il suo fedele quattro zampe solo in cortile, lontano dall’abitazione, senza compagnia e con cure scarse. A dire il vero, la Suprema Corte l’indirizzo umanizzante lo aveva delineato già nel recente passato, come quando nel 2013, ad esempio, aveva fissato il divieto di uso del collare elettronico. Ma mai s’era giunti con chiarezza cristallina a stabilire confini certi tra i maltrattamenti e l’abbandono.

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