I cani hanno i loro padroni. I gatti invece hanno uno staff. È la frase con cui Britta Osthaus, ricercatrice in etologia alla Canterbury University, sintetizza ironicamente le differenze tra Fido e Felix. In realtà, però, dei gatti non sappiamo poi tanto: gli studi che indagano sulle loro capacità cognitive, infatti, sono piuttosto pochi. E quelli che li confrontano con i cani si riducono a una manciata.

Una delle ragioni di questa penuria sembra essere, neanche a dirlo, l’ indisponibilità dei signori felini. Lo suggerisce un recente articolo del New York Times, Perché gli scienziati amano studiare i cani (e ignorano spesso i gatti), concluso con una domanda che sembra una boutade, ma forse non lo è: «È possibile che ci siano più studi sui cani perché i gatti non gradiscono?».

«Nei nostri esperimenti sulle capacità cognitive, prima di trovare soggetti sufficientemente cooperativi, abbiamo dovuto portare in laboratorio un gran numero di gatti» spiega Osthaus. «È stata una fatica tale che alla fine abbiamo deciso di mettere su YouTube un video con i casi più buffi in cui test e ricercatori venivano deliberatamente ignorati. L’ abbiamo chiamato Mission: Indifferent».

Il fatto è che i gatti non amano i laboratori: «Non sono abituati ad essere portati in giro e, visto che sono molto territoriali, per loro già solo lasciare il loro appartamento è un grande stress» spiega Adam Miklosi, direttore del dipartimento di etologia alla Eötvös Loránd University di Budapest.

Negli studi genetici, invece, la ragione per la preferenza verso i cani è un’ altra: ci sono circa 400 razze canine, mentre i gatti ne hanno solo una quarantina e la maggiore diversità genetica dà più possibilità di studiare la funzione dei geni e le malattie ereditarie.

Quanto ai cervelli, «sappiamo che i gatti domestici derivano da creature simili a loro sia per aspetto che per dimensioni» spiega Suzana Herculano, neuroscienziata alla Vanderbilt University.

«Invece i cani sono stati fortemente selezionati dall’ uomo partendo da creature più grandi, delle dimensioni dei lupi. Questi animali avevano cervelli grandi, con molti neuroni. E la differenza iniziale tra i cervelli dei progenitori è rimasta nelle due specie.

I gatti hanno 1.215 milioni di neuroni in totale, i cani 2.252 milioni. Nella corteccia cerebrale, l’ area più importante per la cognizione, invece i neuroni sono 249 milioni contro 527 milioni. Questo significa che dai cani sarebbe lecito aspettarsi un comportamento più elaborato e complesso. Che è una cosa su cui molti osservatori superficiali sarebbero d’ accordo, a parte alcuni possessori di gatti».

Ma non tutto è così semplice: «C’ è una grossa differenza tra le tue capacità – vale a dire ciò che la tua dotazione biologica ti consente – e le tue abilità, ossia ciò che riesci a fare come individuo» puntualizza Herculano.

«Il conteggio dei neuroni può misurare le capacità, ma le abilità possono variare moltissimo tra i singoli, perché entrano in gioco altri fattori come l’ allenamento, l’ ambiente, le opportunità».

L’ importante è che sia un confronto leale, ammonisce Dennis Turner, direttore dell’ Istituto di etologia di Horgen (Svizzera): «Le diverse storie evolutive rendono difficile comparare l’ intelligenza di due specie che hanno maturato capacità sensoriali diverse, perché un test potrebbe favorire un senso piuttosto che un altro» spiega Turner.

«Cani e lupi sono animali diurni, mentre i progenitori dei gatti erano animali notturni: un test che riguarda la comprensione di indizi visivi favorirebbe i primi, perché i secondi sono biologicamente più adatti a muoversi quando è buio».

Esistono anche altri fattori che potrebbero influenzare test cognitivi penalizzando i gatti: «In uno di questi l’ animale ha davanti l’ estremità di uno spago, mentre l’ altra estremità è legata a un boccone, protetto da una scatola trasparente. Lo scopo è vedere se viene colta la connessione fisica tra il capo del filo accessibile e l’ altro capo legato al boccone, e se l’ animale capisce che, tirando lo spago, può ottenere il cibo» spiega Osthaus.

«Se lo spago era uno solo, cani e gatti avevano uguale performance. Ma se mostravamo più spaghi paralleli, di cui uno solo attaccato al cibo, i gatti si confondevano. Potrebbe essere una questione di intelligenza ma anche dipendere solo dal fatto che i cani, abituati al guinzaglio, hanno più dimestichezza con il tirare».

Nei test dove bisogna seguire il gesto di un umano che punta verso un luogo dove è nascosto cibo, invece, i risultati delle due specie sono molto simili. «L’ unica differenza che abbiamo trovato è che, se il cibo era irraggiungibile dall’ animale, i cani cercavano l’ aiuto umano ricorrendo al contatto visivo col padrone.

I gatti invece erano più testardi e chiedevano aiuto meno frequentemente» dice Miklosi. «Può dipendere dall’ evoluzione: i gatti sono cacciatori solitari e devono fare affidamento su loro stessi.

La loro domesticazione è stata diversa da quella dei cani: non erano considerati animali da compagnia, ma predatori da tenere intorno alla casa per sbarazzarsi dei topi. Oggi che vivono negli appartamenti e non cacciano più come un tempo, i gatti stanno diventando più socievoli e affinando le capacità di comprenderci».

Beninteso, a modo loro. I I felini sono studiati meno perché sono poco collaborativi. Poi, di sicuro, hanno la metà dei neuroni, ma non è

 

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