Sembra uscita da un cartone animato, ma la signora che utilizza i felini per molestare le altre persone esiste veramente. Ed è stata condannata.Tutto nasce da difficili rapporti condominiali. Un’amante dei gatti li lascia passeggiare liberamente nelle parti comuni dell’edificio, ove sistematicamente sporcano lasciando le loro deiezioni. Che la proprietaria non pulisce. Una vicina, esasperata, dopo essersi ripetutamente lamentata senza ottenere alcun risultato, si rivolge alla magistratura, che ritiene applicabile l’art. 612-bis del Codice Penale, relativo agli “atti persecutori”.

Dice la legge: “è punito … chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura … ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Ma l’amante dei gatti prova a difendersi: gli episodi relativi alle deiezioni dei felini sarebbero stati occasionali e comunque dovuti a semplice incuria nella loro custodia. Pertanto, non ci sarebbe l’abitualità della condotta, né la volontà di molestare alcuno. La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sulla gravità delle deiezioni feline, invece non dimostra clemenza. Rilevano i giudici come la “gattofila” abbia volontariamente continuato a liberare i mici nelle parti comuni dell’edificio abitato anche dalla persona offesa, nell’evidente consapevolezza delle conseguenze sul piano igienico che ciò comportava e della molestia che in tal modo arrecava alla propria vicina. Comportamento questo certamente punito dall’art. 612-bis c.p.

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