Come ha scritto la ricercatrice Lauren Finka della Nottingham University, per capire bene la questione bisogna risalire alle origini della specie, in particolare agli antenati dei gatti odierni, ovvero il gatto selvatico africano (Felis lybica): mentre quelli venivano considerati solo “strumenti di disinfestazione”, i gatti di oggi sono spesso dei compagni di vita.

“Questo cambiamento nella relazione tra umani e gatti”, spiega la dottoressa, “si pensa sia avvenuto circa 4mila anni fa – un po’ dopo quello del ‘miglior amico dell’uomo’, il cane domestico”. Sebbene sia un periodo di tempo molto lungo, a livello di evoluzione del comportamento non è stato ancora sufficiente a produrre una vera divergenza dagli antenati, e anche a livello genetico i gatti di ora non sono così diversi da quelli di 4mila anni fa. Sostanzialmente, quindi, il loro cervello si comporta ancora come quello dei gatti selvatici.

I gatti selvatici conducono vite solitarie e comunicano in modo indiretto (a livello visivo e chimico) per evitare di incontrarsi, quindi “è improbabile che i gatti domestici abbiano ereditato abilità sociali complesse da loro”, a differenza degli esseri umani, che sono naturalmente una specie sociale.

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