La battaglia sui vaccini (umani) è più rovente dell’insolito clima torrido e siccitoso di questa primavera e nei talk show le voci dei contendenti si alterano e si scambiano parole da trivio.

Fatto sta che il governo ha deciso per l’obbligo di 12 vaccinazioni nei bambini, pena segnalazioni alle varie autorità con megasanzioni ai genitori, esclusione dalle scuole e financo la messa in discussione della patria potestà. Lo scopo è nobile: immunizzare la maggior parte dei giovani contro malattie potenzialmente molto pericolose preservando la salute di tutti, tanto più che si tratta di una prevenzione interamente pagata dal sistema sanitario nazionale, disposto a sborsare non pochi soldi pur di avere una popolazione potenzialmente più sana e non dovere sborsare più quattrini domani, qualora si ammali.
Manifestazioni di piazza, petizioni, ma anche impugnazioni da parte di regioni virtuose si sprecano e sicuramente qualcosa sarà da rivedere, perché è il modo che «offende» non lo scopo. Vista la generosità del governo nell’aprire i cordoni della borsa per la prevenzione sanitaria sarebbe opportuno prendere in considerazione anche i recenti studi che riguardano la convivenza tra animali d’affezione (i cosiddetti pet) i bambini e gli anziani e gli enormi benefici in termini di buona salute che questa frequentazione comporta. Varrebbe la pena spendere due soldini anche qui e non caricare le prestazioni medico veterinarie del 22 per cento di Iva, come si trattasse di aragoste e Champagne, facendo recuperare un ridicolo 19 per cento fino a 380 euro con una robusta franchigia entro la quale non si recupera un bel niente.

 

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