L’emergenza coronavirus non ha fermato il festival di Yulin, che di festival in realtà ha ben poco, trattandosi della più nota fiera mondiale dedicata alla carne di cane, che si svolge ogni anno a inizio estate in questa città del sud della Cina. Non l’ha fermata neppure la dichiarata volontà del governo di Pechino di porre fine al commercio di carne di cane e di gatto, che anche nei Paesi dell’estremo oriente vengono considerati sempre più animali di affezione. Ma non ha fermato neppure Davide Acito e i volontari della sua associazione Action Project Animal, che ogni anno salvano centinaia di cani, sottraendoli dai macelli prima che vengano uccisi e sezionati e trovando loro una nuova casa e una vera famiglia in Europa. «Quest’anno siamo riusciti a metterne in salvo soltanto 26 – spiega Davide, che abbiamo raggiunto proprio nei giorni caldi della polemica sulla mancata sospensione del festival di Yulin -. Ma era importante esserci e dare un segnale. Noi non ci fermiamo e non ci fermeremo fino a che sarà necessario».

Nuove famiglie
La sua «missione», lui la chiama proprio così, è iniziata in solitaria alcuni anni fa. «Avevo saputo di quel che accadeva ai cani in alcune zone della Cina — racconta — e ho pensato che si dovesse fare qualcosa». In principio era da solo, si appoggiava ad alcuni attivisti locali e autofinanziava la sua attività.

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